Asia Ruffo di Calabria ha nel suo percorso formativo una laurea quinquennale in Architettura presso La Sapienza di Roma con abilitazione e iscrizione all’Ordine degli architetti di Roma e ha conseguito un master in Museologia e gestione dei beni culturali all'Università Cattolica di Milano. Dopo uno stage alla Soprintendenza del Colosseo si sposta a Venezia alle Gallerie dell’Accademia. Nel 2017 lascia l'Italia e si trasferisce a Parigi per collaborare con la Réunion des musées nationaux - Grand Palais come registrar di mostre temporanee internazionali. Dal 2018 è coordinatrice di mostre temporanee (Cheffe de Projet Exposition) e dal 2019 è vice responsabile del dipartimento mostre e manifestazioni culturali presso il Musée des arts et métiers di Parigi.
Paola Lambardi: Facciamo un passo indietro per capire il tuo percorso. Come mai hai scelto la facoltà di architettura? Cosa ti ha spinto a cercare lavoro all’estero? Volevi fare un’esperienza a Parigi in particolare? È più facile trovare opportunità in Francia?
ARdC: Entrambe le cose. Parigi ha un’offerta culturale incredibile, non solo i musei ma cinema, teatro, concerti. C’è un’attività frenetica e questa cosa mi ha sempre colpito. Qui la cultura è un’industria molto importante e offre tante opportunità di lavoro, così ho iniziato cercando su Bourse Interministérielle de l'Emploi Public, mandavo la mia candidatura per le posizioni aperte (non solo in Francia, ho applicato anche a Londra) e alla fine sono passata alle selezioni del Musée des arts et métiers e sono qui dal 2018.
PL: Forse con la tua esperienza puoi vedere i pro e i contro di queste due realtà museali: l’italiana e la francese. Mi sembra che in Italia non siamo ancora in grado di esprimere e dare valore al nostro immenso patrimonio, cosa ne pensi?
ARdC: Trovo che ci sia stato un grande rinnovo in Italia grazie alla riforma del ministro Franceschini con la nomina di nuovi direttori, scegliendo candidature anche nel panorama internazionale e questo aiuta molto nella comunicazione, a far parlare a un livello più ampio dei nostri musei. Nella mia piccola esperienza quando ho lavorato con Paola Marini delle Gallerie dell’Accademia e ora con il nuovo direttore Giulio Manieri Elia che prima era il responsabile delle collezioni, riconosco che sono entrambi profili con competenze uniche e con quelle qualità manageriali che prima in Italia non venivano richieste a un direttore. Vedo dei bellissimi progressi, forse l’arrivo di direttori più giovani, come succede qui in Francia, potrebbe aiutare.
ARdC: Si, la mia responsabile ha lasciato il museo a gennaio 2020. Ero la sua vice e ho assicurato per circa 10 mesi (fino a settembre 2020) le attività che poi hanno coinciso con la pandemia. È stato un periodo molto bello, molto intenso anche se noi in Francia abbiamo avuto il primo confinamento qualche mese dopo di voi. Ci siamo trovati a lavorare tutti da casa. Emotivamente è stato davvero duro. Mantenere un equilibrio tra la gestione del lavoro tra i colleghi e i nostri rapporti dal punto di vista umano è stato molto complicato. Motivare le persone a lavorare per un museo che era chiuso non è stato semplice. Per me è stato un doppio salto che ha amplificato alcuni aspetti manageriali tipici di quando produci e piloti una mostra, però queste difficoltà hanno unito il nostro team di lavoro che è stato molto solidale.
PL: Avete inserito delle proposte online?
ARdC: Si, c’è questa mostra anche virtuale che si chiama Top Modèles e poi c’è stato un evento in diretta online il 28 gennaio 2021 per la Notte delle Idee, organizzata in tutto il mondo dall’Institut Français, che aveva per tema “Essere vicini”. Ho proposto questo collegamento con il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano dove abbiamo parlato di Leonardo da Vinci (che piace sempre tanto ai francesi) perché qui nel museo c’è il primo aeroplano costruito in Francia da Clément Ader. È stata una bellissima esperienza che ho gestito in prima persona. Tra l’altro riadattando l’evento online perché inizialmente era previsto in presenza, quindi riducendo delle attività e delle performance e anche per evitare di annullarlo, quindi stando attenti a contenere il budget Come si può vedere ci vuole molta flessibilità e occorre stare molto attendi a come si gestisce il denaro, perché sei responsabile e devi giustificare ogni spesa. Un museo ha tutta questa parte amministrativa che è molto importante tanto quanto concepire le mostre.
PL: In fondo i musei sono gestiti con degli obiettivi simili alle aziende.
ARdC: Si, cerchiamo di portare tanti visitatori a vedere le nostre collezioni e la nostra programmazione deve essere ben gestita visto che utilizziamo i soldi dei contribuenti.
PL: Da un punto di vista della comunicazione, la pandemia è stata un’occasione per rivedere il vostro modo di comunicare?
ARdC: Prima della pandemia avevamo un sito che non era così attivo come adesso. Ammetto che sui social siamo un pochino più lenti perché c’è una scelta precisa da parte della direttrice sul dare più attenzione all’evento in presenza piuttosto che alle attività digitali. In parte sono d’accordo perché la visita di un museo è un’esperienza unica, non sostituibile dall’online. Nello stesso tempo per trovare un nuovo pubblico, in una città come Parigi, dove c’è tantissima concorrenza, penso che sia importante potenziare qualsiasi canale di comunicazione, come i social network. Vedo che molti musei in Italia attirano tante attività diverse: film, sfilate, eventi speciali e li conosco perché vengono pubblicati sui social network con delle clip, delle interviste. Lo trovo molto interessante anche per chi come me non si trova fisicamente in quel luogo, in quel momento. Quindi l’online è davvero importante. Per esempio per mettere in relazione due musei come nell’evento della Nuit des idées che ti accennavo prima.
PL: Questa è un’idea fantastica, la relazione tra musei è uno scambio di conoscenze e con la pandemia abbiamo capito di essere tutti collegati e mai come adesso è arrivato il momento di conoscersi e di comprenderci. Ma per tornare alle attività durante la pandemia, quali altri progetti avete realizzato?
ARdC: Mi sono occupata della mostra temporanea Toxictoys dell’artista visiva Isabelle Champion Métadier quando ero capo di dipartimento ad interim. Ho gestito tutta la produzione aiutando l’artista che ha realizzato queste tele gigantesche. Il tema di quest’anno è “Giochi di scala” e lei lo ha interpretato sfidando le leggi di gravità della figurazione e della composizione. Adesso sto lavorando a una mostra bellissima sull’esplorazione che si chiama Explorer l’infiniment che però è stata spostata da ottobre 2021 al 2023 per via della pandemia. È una mostra importante anche dal punto di vista economico, a ottobre c’era il rischio di avere un numero contingentato di pubblico e molte limitazioni che non permettono di poterla vedere nelle parti interattive, quindi si è deciso di spostarla.
PL: Se ti dessero carta bianca, cosa programmeresti nel futuro?
ARdC: Mi piacerebbe creare un gruppo di lavoro con degli artisti che — utilizzando come ispirazione la nostra collezione — possano con il loro lavoro avvicinare il nostro pubblico al mondo della scienza, rendendola qualcosa di non troppo lontana e incomprensibile dal quotidiano. Conoscere la scienza attraverso l’arte mi interessa molto. Qui nel museo abbiamo molte macchine che possono essere studiate con gli occhi degli artisti e mi piacerebbe seguire questo percorso che si stacca dalla scienza e si trasforma in un linguaggio nuovo.
PL: Mi hai fatto venire in mente Bruno Munari con le sue Macchine inutili.
ARdC: Bello! Però devo stare attenta a non mettere troppe voci italiane.
PL: Certo, una volta che hai un piede in Francia diventi francese…
ARdC: Sono nazionalisti.
PL: Forse il problema della Francia è che non vedono molte differenze culturali.
ARdC: No, in realtà sono molto curiosi. Adorano l’Italia e amano visitare il nostro paese, qui al museo sono l’unica straniera e con gli italiani hanno molti interessi in comune.
PL: Quindi ti trovi bene?
ARdC: Si, il mio lavoro mi piace da morire. Mi sento davvero fortunata.
PL: Sei d’accordo sull’idea che un direttore possa mettersi in prima persona, come un influencer, per raccontare il proprio museo? Un po’ come fece Neil MacGregor con il British Museum e le sue trasmissioni radiofoniche?
ARdC: Si, certo perché umanizzano il museo. Ci sono persone che hanno un timore reverenziale verso il museo o pensano di doverci stare almeno tre o quattro ore. Questa è una percezione completamente distorta. Si può venire al museo anche per mezz’ora per prendere un café, per sentire un concerto. Questo è uno spazio che fa parte del nostro vivere quotidiano, appartiene a tutti, è il nostro patrimonio. Il museo è come una casa. Quindi se il direttore o la direttrice riesce a far passare dei messaggi positivi e aperti, meno istituzionali, sicuramente aiuta a rendere il luogo più accessibile. C’è un museo qui a Parigi di arti asiatiche, Musée Guimet che organizza per esempio un festival di musica elettronica, all’interno delle loro sale allestite con statue di diverse divinità, molto suggestivo…
PL: Quindi le idee per trasformare questi spazi museali sono tante…
ARdC: Si e il pubblico come sempre è importante, deve appassionarsi, partecipare, in una parola: esserci!
PL: Questo lavoro ti ha portato a viaggiare molto, per continuare la tua formazione e per lavorare. Pensi di tornare prima o poi in Italia?
ARdC : Si, certo. Mi piacerebbe tornare sempre in un’ottica di crescita professionale.
PL: Che cosa consigli a un giovane che deve scegliere un percorso universitario in questo ambito?
ARdC: Prima di tutto imparare delle lingue straniere. Sembra una risposta banale ma l’inglese è fondamentale. Possibilmente una seconda lingua come il russo, il cinese o l’arabo. Poi serve molta determinazione e trovare il prima possibile, anche durante l’università, degli stage. Bisogna entrare in contatto con i professionisti di questo settore perché s’impara tantissimo. Nel mio caso — come architetto — le mie competenze sono molto utili per gestire un allestimento rispetto a uno storico dell’arte che magari conosce molto bene l’opera. Quindi una formazione diversa può essere un punto di forza e cercare di fare tante esperienze, in dipartimenti e strutture con diversi tipi di collezioni. Aiuta a crescere e a creare un buon curriculum professionale.
PL: Grazie Asia per la tua disponbilità a parlare del tuo lavoro.
Asia Ruffo di Calabria ha nel suo percorso formativo una laurea quinquennale in Architettura presso La Sapienza di Roma con abilitazione e iscrizione all’Ordine degli architetti di Roma e ha conseguito un master in Museologia e gestione dei beni culturali all'Università Cattolica di Milano. Dopo uno stage alla Soprintendenza del Colosseo si sposta a Venezia alle Gallerie dell’Accademia. Nel 2017 lascia l'Italia e si trasferisce a Parigi per collaborare con la Réunion des musées nationaux - Grand Palais come registrar di mostre temporanee internazionali. Dal 2018 è coordinatrice di mostre temporanee (Cheffe de Projet Exposition) e dal 2019 è vice responsabile del dipartimento mostre e manifestazioni culturali presso il Musée des arts et métiers di Parigi.
Paola Lambardi: Facciamo un passo indietro per capire il tuo percorso. Come mai hai scelto la facoltà di architettura? Cosa ti ha spinto a cercare lavoro all’estero? Volevi fare un’esperienza a Parigi in particolare? È più facile trovare opportunità in Francia?
ARdC: Entrambe le cose. Parigi ha un’offerta culturale incredibile, non solo i musei ma cinema, teatro, concerti. C’è un’attività frenetica e questa cosa mi ha sempre colpito. Qui la cultura è un’industria molto importante e offre tante opportunità di lavoro, così ho iniziato cercando su Bourse Interministérielle de l'Emploi Public, mandavo la mia candidatura per le posizioni aperte (non solo in Francia, ho applicato anche a Londra) e alla fine sono passata alle selezioni del Musée des arts et métiers e sono qui dal 2018.
PL: Forse con la tua esperienza puoi vedere i pro e i contro di queste due realtà museali: l’italiana e la francese. Mi sembra che in Italia non siamo ancora in grado di esprimere e dare valore al nostro immenso patrimonio, cosa ne pensi?
ARdC: Trovo che ci sia stato un grande rinnovo in Italia grazie alla riforma del ministro Franceschini con la nomina di nuovi direttori, scegliendo candidature anche nel panorama internazionale e questo aiuta molto nella comunicazione, a far parlare a un livello più ampio dei nostri musei. Nella mia piccola esperienza quando ho lavorato con Paola Marini delle Gallerie dell’Accademia e ora con il nuovo direttore Giulio Manieri Elia che prima era il responsabile delle collezioni, riconosco che sono entrambi profili con competenze uniche e con quelle qualità manageriali che prima in Italia non venivano richieste a un direttore. Vedo dei bellissimi progressi, forse l’arrivo di direttori più giovani, come succede qui in Francia, potrebbe aiutare.
ARdC: Si, la mia responsabile ha lasciato il museo a gennaio 2020. Ero la sua vice e ho assicurato per circa 10 mesi (fino a settembre 2020) le attività che poi hanno coinciso con la pandemia. È stato un periodo molto bello, molto intenso anche se noi in Francia abbiamo avuto il primo confinamento qualche mese dopo di voi. Ci siamo trovati a lavorare tutti da casa. Emotivamente è stato davvero duro. Mantenere un equilibrio tra la gestione del lavoro tra i colleghi e i nostri rapporti dal punto di vista umano è stato molto complicato. Motivare le persone a lavorare per un museo che era chiuso non è stato semplice. Per me è stato un doppio salto che ha amplificato alcuni aspetti manageriali tipici di quando produci e piloti una mostra, però queste difficoltà hanno unito il nostro team di lavoro che è stato molto solidale.
PL: Avete inserito delle proposte online?
ARdC: Si, c’è questa mostra anche virtuale che si chiama Top Modèles e poi c’è stato un evento in diretta online il 28 gennaio 2021 per la Notte delle Idee, organizzata in tutto il mondo dall’Institut Français, che aveva per tema “Essere vicini”. Ho proposto questo collegamento con il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano dove abbiamo parlato di Leonardo da Vinci (che piace sempre tanto ai francesi) perché qui nel museo c’è il primo aeroplano costruito in Francia da Clément Ader. È stata una bellissima esperienza che ho gestito in prima persona. Tra l’altro riadattando l’evento online perché inizialmente era previsto in presenza, quindi riducendo delle attività e delle performance e anche per evitare di annullarlo, quindi stando attenti a contenere il budget Come si può vedere ci vuole molta flessibilità e occorre stare molto attendi a come si gestisce il denaro, perché sei responsabile e devi giustificare ogni spesa. Un museo ha tutta questa parte amministrativa che è molto importante tanto quanto concepire le mostre.
PL: In fondo i musei sono gestiti con degli obiettivi simili alle aziende.
ARdC: Si, cerchiamo di portare tanti visitatori a vedere le nostre collezioni e la nostra programmazione deve essere ben gestita visto che utilizziamo i soldi dei contribuenti.
PL: Da un punto di vista della comunicazione, la pandemia è stata un’occasione per rivedere il vostro modo di comunicare?
ARdC: Prima della pandemia avevamo un sito che non era così attivo come adesso. Ammetto che sui social siamo un pochino più lenti perché c’è una scelta precisa da parte della direttrice sul dare più attenzione all’evento in presenza piuttosto che alle attività digitali. In parte sono d’accordo perché la visita di un museo è un’esperienza unica, non sostituibile dall’online. Nello stesso tempo per trovare un nuovo pubblico, in una città come Parigi, dove c’è tantissima concorrenza, penso che sia importante potenziare qualsiasi canale di comunicazione, come i social network. Vedo che molti musei in Italia attirano tante attività diverse: film, sfilate, eventi speciali e li conosco perché vengono pubblicati sui social network con delle clip, delle interviste. Lo trovo molto interessante anche per chi come me non si trova fisicamente in quel luogo, in quel momento. Quindi l’online è davvero importante. Per esempio per mettere in relazione due musei come nell’evento della Nuit des idées che ti accennavo prima.
PL: Questa è un’idea fantastica, la relazione tra musei è uno scambio di conoscenze e con la pandemia abbiamo capito di essere tutti collegati e mai come adesso è arrivato il momento di conoscersi e di comprenderci. Ma per tornare alle attività durante la pandemia, quali altri progetti avete realizzato?
ARdC: Mi sono occupata della mostra temporanea Toxictoys dell’artista visiva Isabelle Champion Métadier quando ero capo di dipartimento ad interim. Ho gestito tutta la produzione aiutando l’artista che ha realizzato queste tele gigantesche. Il tema di quest’anno è “Giochi di scala” e lei lo ha interpretato sfidando le leggi di gravità della figurazione e della composizione. Adesso sto lavorando a una mostra bellissima sull’esplorazione che si chiama Explorer l’infiniment che però è stata spostata da ottobre 2021 al 2023 per via della pandemia. È una mostra importante anche dal punto di vista economico, a ottobre c’era il rischio di avere un numero contingentato di pubblico e molte limitazioni che non permettono di poterla vedere nelle parti interattive, quindi si è deciso di spostarla.
PL: Se ti dessero carta bianca, cosa programmeresti nel futuro?
ARdC: Mi piacerebbe creare un gruppo di lavoro con degli artisti che — utilizzando come ispirazione la nostra collezione — possano con il loro lavoro avvicinare il nostro pubblico al mondo della scienza, rendendola qualcosa di non troppo lontana e incomprensibile dal quotidiano. Conoscere la scienza attraverso l’arte mi interessa molto. Qui nel museo abbiamo molte macchine che possono essere studiate con gli occhi degli artisti e mi piacerebbe seguire questo percorso che si stacca dalla scienza e si trasforma in un linguaggio nuovo.
PL: Mi hai fatto venire in mente Bruno Munari con le sue Macchine inutili.
ARdC: Bello! Però devo stare attenta a non mettere troppe voci italiane.
PL: Certo, una volta che hai un piede in Francia diventi francese…
ARdC: Sono nazionalisti.
PL: Forse il problema della Francia è che non vedono molte differenze culturali.
ARdC: No, in realtà sono molto curiosi. Adorano l’Italia e amano visitare il nostro paese, qui al museo sono l’unica straniera e con gli italiani hanno molti interessi in comune.
PL: Quindi ti trovi bene?
ARdC: Si, il mio lavoro mi piace da morire. Mi sento davvero fortunata.
PL: Sei d’accordo sull’idea che un direttore possa mettersi in prima persona, come un influencer, per raccontare il proprio museo? Un po’ come fece Neil MacGregor con il British Museum e le sue trasmissioni radiofoniche?
ARdC: Si, certo perché umanizzano il museo. Ci sono persone che hanno un timore reverenziale verso il museo o pensano di doverci stare almeno tre o quattro ore. Questa è una percezione completamente distorta. Si può venire al museo anche per mezz’ora per prendere un café, per sentire un concerto. Questo è uno spazio che fa parte del nostro vivere quotidiano, appartiene a tutti, è il nostro patrimonio. Il museo è come una casa. Quindi se il direttore o la direttrice riesce a far passare dei messaggi positivi e aperti, meno istituzionali, sicuramente aiuta a rendere il luogo più accessibile. C’è un museo qui a Parigi di arti asiatiche, Musée Guimet che organizza per esempio un festival di musica elettronica, all’interno delle loro sale allestite con statue di diverse divinità, molto suggestivo…
PL: Quindi le idee per trasformare questi spazi museali sono tante…
ARdC: Si e il pubblico come sempre è importante, deve appassionarsi, partecipare, in una parola: esserci!
PL: Questo lavoro ti ha portato a viaggiare molto, per continuare la tua formazione e per lavorare. Pensi di tornare prima o poi in Italia?
ARdC : Si, certo. Mi piacerebbe tornare sempre in un’ottica di crescita professionale.
PL: Che cosa consigli a un giovane che deve scegliere un percorso universitario in questo ambito?
ARdC: Prima di tutto imparare delle lingue straniere. Sembra una risposta banale ma l’inglese è fondamentale. Possibilmente una seconda lingua come il russo, il cinese o l’arabo. Poi serve molta determinazione e trovare il prima possibile, anche durante l’università, degli stage. Bisogna entrare in contatto con i professionisti di questo settore perché s’impara tantissimo. Nel mio caso — come architetto — le mie competenze sono molto utili per gestire un allestimento rispetto a uno storico dell’arte che magari conosce molto bene l’opera. Quindi una formazione diversa può essere un punto di forza e cercare di fare tante esperienze, in dipartimenti e strutture con diversi tipi di collezioni. Aiuta a crescere e a creare un buon curriculum professionale.
PL: Grazie Asia per la tua disponbilità a parlare del tuo lavoro.