Faccio una premessa: questa intervista ha come tema le cornici, un oggetto che è stato materia di profondo interesse e di riflessione per filosofi, storici dell'arte e semiologi dopo le avanguardie artistiche di inzio‘900. Per chi desidera approfondire questo tema c’è un libro che raccoglie queste riflessioni: La cornice. Storie, teorie, testi, a cura di Daniela Ferrari e Andrea Pinotti (Johan & Levi).
Per chi vuole conoscere il lavoro di tre generazioni di donne nella produzione di cornici, ecco l’intervista dedicata a Marta, Enza e Giorgia, rispettivamente proprietaria, madre e figlia, de Le cornici di Milano, un laboratorio artigianale che lavora con tante tipologie di clienti: musei, gallerie, fondazioni e nonostante il periodo pandemico che le ha costrette ad aprire il laboratiorio a fasi alterne, per fortuna gli artisti e i privati non sono mancati.
Paola Lambardi: Ciao Marta, come hai iniziato a fare questo lavoro?
Marta Netti: Questo lavoro lo devo alla mia mamma Enza perché mi chiedeva di aiutarla e così ho iniziato. È un lavoro che mi è sempre piaciuto fin da piccola: mi sporcavo le mani, incollavo, costruivo degli oggetti, insomma mi divertivo tantissimo. Posso dire che sono cresciuta sotto quel bancone.
PL: Che età avevi?
MN: Quando ho iniziato a prendere le redini del laboratorio era il 1996. Prima aiutavo, ero praticamente una sua dipendente. Ho iniziato a stare in negozio durante le medie. Naturalmente andavo a scuola alla mattina, il pomeriggio però lo passavo qui con lei, delle volte per darle una mano, ma andavo anche a giocare con le mie amiche…
PL: Hai scelto qualche scuola particolare dopo le medie?
MN: Ho deciso di fare il turistico ma al secondo anno ho interrotto gli studi perché c’era bisogno di una mano qui in laboratorio. Li ho conclusi nelle classi serali. Volevo avere un diploma e soprattutto imparare delle lingue straniere. Uno dei miei desideri era girare il mondo anche se poi ho preferito lavorare qui in negozio e continuare l’attività di famiglia. Devo dire che sono contenta di questa scelta: è un bel lavoro, appassionante, sempre diverso e sei a contatto con l’arte, la fotografia, i disegni.
PL: Quindi la tua maestra è stata tua mamma Enza?
MN: Si, lei mi ha insegnato tutto di questo lavoro dalla A alla Z: dal taglio del vetro al taglio del legno, dipingere le aste e conoscere le diverse essenze perché non tutti i tipi di legno si prestano per essere dipinti o trattati con il bolo o con la foglia d’oro, bisogna imparare tutte le diverse tecniche.
PL: Ora che capisco come è iniziata questa attività sono un po’ curiosa: la mamma dove ha imparato? Anche lei a bottega?
MN: Mia mamma ha sfidato i suoi fratelli che sono falegnami: chi costruisce barche, chi fa mobili, sono tutte persone che amano il legno e lo hanno sempre lavorato però la escludevano da queste attività e le dicevano: “Sei una femmina. Una donna non può venire a lavorare con noi…”. Lei non si è persa d’animo e ha deciso di aprire un negozio di cornici. Il primo lo ha aperto a Cinisello Balsamo e poi ha acquistato questi negozi negli anni ’70 qui a Milano (in via Pasteur nel quartiere che adesso è chiamato NoLo).
PL: Quindi oltre 50 anni che siete in questo negozio-laboratorio, com’è cambiato il vostro lavoro in questi anni?
MN: Direi si è modificato nel tempo: le cornici adesso le costruiamo partendo dalle essenze. Prima si lavorava con dei materiali — le aste — che arrivavano da un certo tipo di produttori di Firenze o Venezia e si lavorava con un prodotto quasi finito. Con le aste “pronte” ti occupi del taglio e assembli le parti che compongono la cornice con il vetro e il passepartout. Adesso lavoro molto sul materiale grezzo, creo una cornice “su misura” ed è un lavoro più personale. Ci sono comunque entrambe le scelte. Ci sono tantissimi campioni pronti, come puoi vedere guardandoti intorno, che prendo taglio, incollo. È un lavoro molto veloce rispetto alla creazione di una cornice con delle sagome e dei colori particolari che vengono progettate e abbinate per un’opera specifica.
PL: Ho letto sul vostro sito che siete specializzate nella pittura delle cornici, cosa s’intende?
MN: Prendiamo il legno grezzo e i legni che usiamo sono tutte essenze importanti, belle da vedere anche non trattate. Sono sempre masselli: il noce Canaletto, il ciliegio, il rovere, anche il ramino che è un po’ più duro, più giallo. La cosa fondamentale è che sono tutti legni che non tarlano perché è importante dare un prodotto di qualità. Il legno di tiglio, per esempio, è un legno massello importante, meno costoso degli altri, un legno liscio, pulito che si presta bene per essere dipinto. I colori che usiamo sono solo smalti all’acqua, atossici. Possiamo crere tutte le tonalità, posso campionare il calore e se ce lo chiedono lavoriamo seguendo i colori dell’ambiente o della stanza dove vengono poi appese le opere.
PL: Per fare questo lavoro che abilità (oltre alla manualità) sono richieste?
MN: La passione. Questo lavoro lo fai bene se ti piace e se ti appassiona. Devi dare a questo oggetto, in apparenza semplice, un’attenzione speciale e devi essere molto preciso.
PL: In effetti si vede che ti piace, ti ho sempre visto lavorare tanto.
MN: Sono ormai 25 anni che sono in questa attività! È vero lavoro tantissimo, per fortuna, perché abbiamo una grande varietà di clienti: la galleria d’arte, i musei, i privati, gli artisti. Soprattutto a Milano ma non solo, abbiamo buoni clienti anche all’estero: ho lavorato a Parigi, Berlino, negli Stati Uniti.
PL: Raccontami un aneddoto: mi ricordo quando hai montato la mostra di Jacques Henri Lartigue del 2017 al Palazzo Bagatti Valsecchi.
MN: Quando le mostre sono composte da opere così importanti andiamo direttamente a lavorare e montare le cornici in loco. Ci prepariamo il lavoro in varie fasi: prima facciamo un sopralluogo e prendiamo tutte le misure, verifichiamo dove vanno esposte, l’ambiente in cui saranno esposte, le luci. Una volta definiti i dettagli si torna in laboratorio e si preparano le cornici — per esempio nel caso di Lartigue abbiamo usato vetri museali polarizzati anti riflesso e anti UV 99% — e poi vai in consegna finisci il lavoro direttamente al museo, spesso con l’aiuto di persone che seguono la preparazione della mostra.
PL: Poi c’è la casa museo Boschi Di Stefano, me ne vuoi parlare?
MN: Si, lì abbiamo incorniciato tutti i lavori di Lucio Fontana. Abbiamo smontato tutte le vecchie cornici e le abbiamo rifatte. C’è una stanza dedicata a lui con tante opere diverse: ci sono i tagli, pannelli in ceramica...
PL: Lavori in maniera sartoriale in ogni contesto?
MN: In linea di massima direi di si. Ogni opera ha delle caratteristiche uniche. Bisogna valutare tutti i dettagli: il peso della carta, la consistenza dei materiali e questo determina un giusto trattamento con adesivi o carte giapponesi da montaggio che preservano il valore e la conservazione delle opere una volta incorniciate. Il mio lavoro ricopre una vasta clientela, lavoriamo per importanti architetti, gallerie d’arte , fotografi e per importanti collezionisti. Alcune mostre sono state davvero straordinarie come quella dedicata a Osvaldo Borsani in Triennale dove ho realizzato 290 cornici (in collaborazione con Tomo Architects) oppure la mostra personale di Luigi Ghirri, sempre in Triennale o quella di Banksy al Mudec.
PL: Hai qualche rapporto speciale? In particolare con gli artisti?
MN: Si, soprattutto con loro perché si crea un rapporto di scambio, si fa più ricerca e delle volte si studiano delle soluzioni molto originali. Mentre il rapporto con le gallerie è diverso, loro ti lasciano più spazio di libertà, sono meno inclini alla ricerca…
PL: In effetti la cornice è un vestito, completa l’opera e la esalta…
MN: Esattamente! La cornice veste l’opera e non diventare più importante, è un tutt’uno,
la definisce e la limita nello spazio visivo.
PL: Cosa consigli a un giovane che vuole iniziare questo mestiere?
MN: La prima cosa è la passione. Devi amare questo mondo. Tutti possono dipingere un’asta però se non la dipingi in un certo modo, se non stai attento alle colature e ai minimi dettagli, poi devi rifare tutto. Un giovane apprendista deve dimostrare un buon grado di responsabilità. Questo è un mestiere rischioso: lavori con il vetro, ci sono dei macchinari per tagliare il legno, devi essere molto attento, concentrato. Per finire se vuoi creare un rapporto serio occorre l’onestà e la correttezza, le basi di tutti i rapporti umani.
PL: Prima ho visto tua figlia Giorgia che ti sta aiutando o sbaglio? La tradizione famigliare continua…
MN: Si, Giorgia ha finito la scuola e adesso è qui per dare una mano. È entrata in gioco la terza generazione.
PL: Che scuole hai fatto Giorgia?
G: Ho fatto il liceo linguistico e ho deciso (per il momento) di non continuare gli studi e sto dando una mano qui in negozio.
PL: Ti piace?
Si, mi piace e sto imparando tanto ma il mio sogno è di poter sviluppare questa attività di famiglia, visto che ho la fortuna di poterlo fare.
PL: E come vedresti l’evoluzione di questa attività?
G: Sono convinta che un nuovo approccio tecnologico potrebbe migliorare e potenziare i livelli di produzione della nostra azienda o l’organizzazione e i tempi di consegna. Nella comunicazione le piattaforme social ci permettono di entrare in contatto con nuove realtà nel campo artistico, creare nuovi contatti con gli artisti e iniziare nuove forme di collaborazione. La mia idea è quella di catapultarsi nell’era digitale mantenendo la bellezza della manodopera italiana, sviluppando nuove tecniche di lavoro, perché il futuro sembra andare verso la smaterializzazione e l’arte andrà nella direzione di in formato sempre più digitale.
Grazie Marta e Giorgia per la vostra disponibilità a raccontare il vostro lavoro.
Faccio una premessa: questa intervista ha come tema le cornici, un oggetto che è stato materia di profondo interesse e di riflessione per filosofi, storici dell'arte e semiologi dopo le avanguardie artistiche di inzio‘900. Per chi desidera approfondire questo tema c’è un libro che raccoglie queste riflessioni: La cornice. Storie, teorie, testi, a cura di Daniela Ferrari e Andrea Pinotti (Johan & Levi).
Per chi vuole conoscere il lavoro di tre generazioni di donne nella produzione di cornici, ecco l’intervista dedicata a Marta, Enza e Giorgia, rispettivamente proprietaria, madre e figlia, de Le cornici di Milano, un laboratorio artigianale che lavora con tante tipologie di clienti: musei, gallerie, fondazioni e nonostante il periodo pandemico che le ha costrette ad aprire il laboratiorio a fasi alterne, per fortuna gli artisti e i privati non sono mancati.
Paola Lambardi: Ciao Marta, come hai iniziato a fare questo lavoro?
Marta Netti: Questo lavoro lo devo alla mia mamma Enza perché mi chiedeva di aiutarla e così ho iniziato. È un lavoro che mi è sempre piaciuto fin da piccola: mi sporcavo le mani, incollavo, costruivo degli oggetti, insomma mi divertivo tantissimo. Posso dire che sono cresciuta sotto quel bancone.
PL: Che età avevi?
MN: Quando ho iniziato a prendere le redini del laboratorio era il 1996. Prima aiutavo, ero praticamente una sua dipendente. Ho iniziato a stare in negozio durante le medie. Naturalmente andavo a scuola alla mattina, il pomeriggio però lo passavo qui con lei, delle volte per darle una mano, ma andavo anche a giocare con le mie amiche…
PL: Hai scelto qualche scuola particolare dopo le medie?
MN: Ho deciso di fare il turistico ma al secondo anno ho interrotto gli studi perché c’era bisogno di una mano qui in laboratorio. Li ho conclusi nelle classi serali. Volevo avere un diploma e soprattutto imparare delle lingue straniere. Uno dei miei desideri era girare il mondo anche se poi ho preferito lavorare qui in negozio e continuare l’attività di famiglia. Devo dire che sono contenta di questa scelta: è un bel lavoro, appassionante, sempre diverso e sei a contatto con l’arte, la fotografia, i disegni.
PL: Quindi la tua maestra è stata tua mamma Enza?
MN: Si, lei mi ha insegnato tutto di questo lavoro dalla A alla Z: dal taglio del vetro al taglio del legno, dipingere le aste e conoscere le diverse essenze perché non tutti i tipi di legno si prestano per essere dipinti o trattati con il bolo o con la foglia d’oro, bisogna imparare tutte le diverse tecniche.
PL: Ora che capisco come è iniziata questa attività sono un po’ curiosa: la mamma dove ha imparato? Anche lei a bottega?
MN: Mia mamma ha sfidato i suoi fratelli che sono falegnami: chi costruisce barche, chi fa mobili, sono tutte persone che amano il legno e lo hanno sempre lavorato però la escludevano da queste attività e le dicevano: “Sei una femmina. Una donna non può venire a lavorare con noi…”. Lei non si è persa d’animo e ha deciso di aprire un negozio di cornici. Il primo lo ha aperto a Cinisello Balsamo e poi ha acquistato questi negozi negli anni ’70 qui a Milano (in via Pasteur nel quartiere che adesso è chiamato NoLo).
PL: Quindi oltre 50 anni che siete in questo negozio-laboratorio, com’è cambiato il vostro lavoro in questi anni?
MN: Direi si è modificato nel tempo: le cornici adesso le costruiamo partendo dalle essenze. Prima si lavorava con dei materiali — le aste — che arrivavano da un certo tipo di produttori di Firenze o Venezia e si lavorava con un prodotto quasi finito. Con le aste “pronte” ti occupi del taglio e assembli le parti che compongono la cornice con il vetro e il passepartout. Adesso lavoro molto sul materiale grezzo, creo una cornice “su misura” ed è un lavoro più personale. Ci sono comunque entrambe le scelte. Ci sono tantissimi campioni pronti, come puoi vedere guardandoti intorno, che prendo taglio, incollo. È un lavoro molto veloce rispetto alla creazione di una cornice con delle sagome e dei colori particolari che vengono progettate e abbinate per un’opera specifica.
PL: Ho letto sul vostro sito che siete specializzate nella pittura delle cornici, cosa s’intende?
MN: Prendiamo il legno grezzo e i legni che usiamo sono tutte essenze importanti, belle da vedere anche non trattate. Sono sempre masselli: il noce Canaletto, il ciliegio, il rovere, anche il ramino che è un po’ più duro, più giallo. La cosa fondamentale è che sono tutti legni che non tarlano perché è importante dare un prodotto di qualità. Il legno di tiglio, per esempio, è un legno massello importante, meno costoso degli altri, un legno liscio, pulito che si presta bene per essere dipinto. I colori che usiamo sono solo smalti all’acqua, atossici. Possiamo crere tutte le tonalità, posso campionare il calore e se ce lo chiedono lavoriamo seguendo i colori dell’ambiente o della stanza dove vengono poi appese le opere.
PL: Per fare questo lavoro che abilità (oltre alla manualità) sono richieste?
MN: La passione. Questo lavoro lo fai bene se ti piace e se ti appassiona. Devi dare a questo oggetto, in apparenza semplice, un’attenzione speciale e devi essere molto preciso.
PL: In effetti si vede che ti piace, ti ho sempre visto lavorare tanto.
MN: Sono ormai 25 anni che sono in questa attività! È vero lavoro tantissimo, per fortuna, perché abbiamo una grande varietà di clienti: la galleria d’arte, i musei, i privati, gli artisti. Soprattutto a Milano ma non solo, abbiamo buoni clienti anche all’estero: ho lavorato a Parigi, Berlino, negli Stati Uniti.
PL: Raccontami un aneddoto: mi ricordo quando hai montato la mostra di Jacques Henri Lartigue del 2017 al Palazzo Bagatti Valsecchi.
MN: Quando le mostre sono composte da opere così importanti andiamo direttamente a lavorare e montare le cornici in loco. Ci prepariamo il lavoro in varie fasi: prima facciamo un sopralluogo e prendiamo tutte le misure, verifichiamo dove vanno esposte, l’ambiente in cui saranno esposte, le luci. Una volta definiti i dettagli si torna in laboratorio e si preparano le cornici — per esempio nel caso di Lartigue abbiamo usato vetri museali polarizzati anti riflesso e anti UV 99% — e poi vai in consegna finisci il lavoro direttamente al museo, spesso con l’aiuto di persone che seguono la preparazione della mostra.
PL: Poi c’è la casa museo Boschi Di Stefano, me ne vuoi parlare?
MN: Si, lì abbiamo incorniciato tutti i lavori di Lucio Fontana. Abbiamo smontato tutte le vecchie cornici e le abbiamo rifatte. C’è una stanza dedicata a lui con tante opere diverse: ci sono i tagli, pannelli in ceramica...
PL: Lavori in maniera sartoriale in ogni contesto?
MN: In linea di massima direi di si. Ogni opera ha delle caratteristiche uniche. Bisogna valutare tutti i dettagli: il peso della carta, la consistenza dei materiali e questo determina un giusto trattamento con adesivi o carte giapponesi da montaggio che preservano il valore e la conservazione delle opere una volta incorniciate. Il mio lavoro ricopre una vasta clientela, lavoriamo per importanti architetti, gallerie d’arte , fotografi e per importanti collezionisti. Alcune mostre sono state davvero straordinarie come quella dedicata a Osvaldo Borsani in Triennale dove ho realizzato 290 cornici (in collaborazione con Tomo Architects) oppure la mostra personale di Luigi Ghirri, sempre in Triennale o quella di Banksy al Mudec.
PL: Hai qualche rapporto speciale? In particolare con gli artisti?
MN: Si, soprattutto con loro perché si crea un rapporto di scambio, si fa più ricerca e delle volte si studiano delle soluzioni molto originali. Mentre il rapporto con le gallerie è diverso, loro ti lasciano più spazio di libertà, sono meno inclini alla ricerca…
PL: In effetti la cornice è un vestito, completa l’opera e la esalta…
MN: Esattamente! La cornice veste l’opera e non diventare più importante, è un tutt’uno,
la definisce e la limita nello spazio visivo.
PL: Cosa consigli a un giovane che vuole iniziare questo mestiere?
MN: La prima cosa è la passione. Devi amare questo mondo. Tutti possono dipingere un’asta però se non la dipingi in un certo modo, se non stai attento alle colature e ai minimi dettagli, poi devi rifare tutto. Un giovane apprendista deve dimostrare un buon grado di responsabilità. Questo è un mestiere rischioso: lavori con il vetro, ci sono dei macchinari per tagliare il legno, devi essere molto attento, concentrato. Per finire se vuoi creare un rapporto serio occorre l’onestà e la correttezza, le basi di tutti i rapporti umani.
PL: Prima ho visto tua figlia Giorgia che ti sta aiutando o sbaglio? La tradizione famigliare continua…
MN: Si, Giorgia ha finito la scuola e adesso è qui per dare una mano. È entrata in gioco la terza generazione.
PL: Che scuole hai fatto Giorgia?
G: Ho fatto il liceo linguistico e ho deciso (per il momento) di non continuare gli studi e sto dando una mano qui in negozio.
PL: Ti piace?
Si, mi piace e sto imparando tanto ma il mio sogno è di poter sviluppare questa attività di famiglia, visto che ho la fortuna di poterlo fare.
PL: E come vedresti l’evoluzione di questa attività?
G: Sono convinta che un nuovo approccio tecnologico potrebbe migliorare e potenziare i livelli di produzione della nostra azienda o l’organizzazione e i tempi di consegna. Nella comunicazione le piattaforme social ci permettono di entrare in contatto con nuove realtà nel campo artistico, creare nuovi contatti con gli artisti e iniziare nuove forme di collaborazione. La mia idea è quella di catapultarsi nell’era digitale mantenendo la bellezza della manodopera italiana, sviluppando nuove tecniche di lavoro, perché il futuro sembra andare verso la smaterializzazione e l’arte andrà nella direzione di in formato sempre più digitale.
Grazie Marta e Giorgia per la vostra disponibilità a raccontare il vostro lavoro.